Percussioni, tuoni, rumori che sembrano delle mitragliate. Il suono del mare è violento, regolare, intenso: non dà tregua. Anche il sibilo del vento non si ferma mai e l’intensità aumenta progressivamente, lasciando presagire una tempesta. Poi ancora scricchiolii. E passi: pare di sentire degli stivali che calpestano il legno. C’è un uomo che si muove in quel caos, che compie movimenti controllati. I battiti formano degli schemi regolari, quasi come se fossero voluti e andassero a creare una idea di composizione strumentale, tra musica concreta e rumore bianco, con il contrappunto del vento e delle onde dell’oceano. A un certo punto si percepisce un suono elettronico: forse è uno strumento di bordo, un allarme. Il senso di minaccia e di smarrimento cresce. Ci si immagina lì in mezzo all’oceano, da soli, nell’oscurità. Tutto intorno nient’altro che acqua. Nemmeno gli albatros volano più intorno all’imbarcazione. E la burrasca durerà ancora per qualche giorno, coi suoi rumori incessanti e – alla lunga – intollerabili.
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