di Matteo Sau – Scrittori, commediografi, pittori e registi. Tutti hanno in qualche modo raccontato il miele e lo hanno utilizzato come metafora di dolcezza, sensualità e prodigio. Avvolto nel mistero e nella magia con cui nasce, il miele diventa oro colato, figlio di un processo naturale in cui l’uomo deve accettare di fare un passo indietro, mettersi al servizio della fauna e della flora e lasciar interagire questi due mondi. Denso, avvolgente e accattivante: il miele è l’ultimo traguardo dell’apicoltore, che trascorre la maggior parte del proprio tempo in campagna, vicino agli alveari e alle fioriture che caratterizzeranno il sapore del miele. Sono le api, che lavorano per nutrirsi, a raccogliere il nettare dei fiori e altre sostanze presenti nelle piante: tutto, poi, viene depositato e lavorato nelle arnie, ovvero le cassette di legno all’interno delle quali sono contenuti i pannelli fatti con le cellette di cera (tutte insieme si chiamano favi). È così che comincia il percorso che condurrà a ottenere il miele che l’apicoltore, dopo il tempo necessario per la sua maturazione, raccoglie dai melari senza, però, intaccare le scorte dell’alveare… (continua)