La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Il dono del Duce a Grazia Deledda

Di tutti gli uomini importanti che Grazia Deledda ha avuto occasione d’incontrare, Benito Mussolini è il più importante. Prima ancora che nel dicembre del 1927 riceva a Stoccolma il premio Nobel per la letteratura, il Capo del governo ha espresso il desiderio di conoscerla. Il 15 di novembre le arriva questo telegramma: «Vogliate, vi prego, ricevere le mie congratulazioni in quest’ora in cui il mondo consacra la vostra gloria di scrittrice italiana».

È un buon momento per Mussolini, ben avviato lungo il percorso che lo porterà ad essere considerato tra i più influenti statisti europei, giusta o meno che sia questa valutazione e posto che trova sempre modo di alzare la voce nei diversi consessi diplomatici di questi anni. Gli italiani, gran parte di loro almeno, si vanno trasformando in obbedienti cittadini fascisti, girasoli che in ogni momento volgono lo sguardo al loro sole, Mussolini appunto. Anche quando quest’ultimo promette frustate. L’ultima della serie, minacciata in un discorso alla Camera il 26 maggio 1927, poi ricordato come il discorso dell’Ascensione, è la “frustata demografica”: nell’immediato una tassa sui celibi che potrebbe essere estesa in futuro ai matrimoni infecondi. Se ancora non si è presentato agli italiani come patrono e massimo conoscitore delle arti, lo farà presto.

Di Mussolini, Grazia Deledda ha seguito l’ascesa, anche se senza particolari entusiasmi. Sa bene quanto sia difficile per gli artisti aver a che fare con un potere politico invadente, totalitario. Totalitario: usiamola la parola, visto che già circola. Nell’occasione, è un Mussolini in versione borghese – giacca e cravatta, tanto per intenderci- a riceverla a Roma: non sono ancora pronte le esibizioni da balcone, seguite da scroscianti applausi, che saranno il suo pezzo forte qualche anno più tardi, né sono state ancora messe del tutto a punto le pose statuarie per le quali sarà famoso, niente divisa insomma, né camicia nera, nessuno di quei bizzarri copricapi con cui lo si vedrà poi. Niente di tutto questo. è anzi, a riceverla, il Mussolini gentiluomo. Le ha inviato la sua macchina e ora l’attende in piedi all’ingresso del salone della Vittoria, a Palazzo Venezia. Ora si esibisce in un perfetto baciamano. Ha pronto per lei un regalo, forse non di ottimo gusto, che comunque Grazia, educatamente, mostra di gradire. Si tratta di una fotografia dello stesso Mussolini, in cornice d’argento brunito e con una dedica: “A Grazia Deledda con profonda ammirazione Benito Mussolini”.

C’è poi, nel corso del colloquio, un’uscita del Capo del governo che è già un’uscita da Duce: signora Deledda, c’è qualche desiderio che posso soddisfare? Ci sarebbe, signor presidente, risponde: un mio concittadino, nuorese come me voglio dire, si chiama Elias Sanna, è al confino. Io lo conosco bene. è persona onesta sotto tutti i punti di vista. Dopo pochi giorni, Elias Sanna si presenterà alla Deledda stupito. Sta tornando a Nuoro ed è di passaggio a Roma. Mi è stato detto di tornare a casa. Non capisco come questo sia possibile. E Grazia: Non preoccupatevi, se vi hanno detto di tornare a Nuoro vuol dire che potete farlo. Non fa menzione del suo intervento presso Mussolini. Elias Sanna saprà qualcosa al riguardo tempo dopo e la ringrazierà con una lettera a cui unirà, in una scatola ben confezionata, un mucchietto di olive.

Possiamo anche pensare che Grazia Deledda non scorga ora – ma non la scorgerà neppure più tardi – la dimensione tragica di ciò che sta accadendo in Italia. Ma chi è, tra gli scrittori e le scrittrici italiani, ad avere la prontezza che a lei manca? Ho dato a Cesare quel che è di Cesare – questo pensa – e Cesare si è mostrato benevolo. Grazia possiede un genere di sofisticata innocenza che le permette di attraversare in purezza, e incolume, situazioni per altri pericolose. In questo, almeno, è rimasta quello che era da giovane.

Luciano Marrocu