La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Maschere, l’identità di un’Isola

Una pira sistemata in piazza la sera, l’innesco e le fiamme. Tutto il paese, uomini e donne, giovani, vecchi e bambini cominciano a girare intorno al fuoco, al suono cadenzato di un organetto e al passo di una danza di comunità. In Sardegna, nella centrale Barbagia in particolare, è il segno che il Carnevale, Su Carrasecare, ha inizio. È la notte tra il 16 e il 17 gennaio e si celebra il fuoco, quello che Sant’Antonio Abate rubò con astuzia ai demoni laggiù negli Inferi, per donarlo agli uomini. Una celebrazione che mischia sacro e profano, Dio e Dioniso, e lascia liberi – mascherati – tutti i tratti caratteristici dei protagonisti della vita quotidiana della società sarda tradizionale. «Il Carnevale è il culmine della tradizione popolare e la sua messa in atto è una forma museale vivente, la rappresentazione dell’identità del popolo e del suo stare al mondo. Una radice. È l’università della tradizione popolare. È durante il Carnevale che si vede una cultura nel suo insieme: quella materiale, quella legata al ballo, alla poesia, alla gastronomia», scrive Giovanni Kezich, antropologo, direttore del Museo degli usi e costumi della gente trentina e tra i massimi esperti di studi sul tema in Europa. I festeggiamenti del Carnevale in Sardegna sono tra i più vari: alle atmosfere ancestrali, a volte un po’ cupe e tragiche, del Carnevale più tradizionale che permea la cultura della Barbagia e del centro Sardegna, si affiancano conosciutissime giostre equestri o sfilate di carri allegorici. A guidare il viaggio, cui segue nelle prossime pagine una scelta di otto feste tra le più caratteristiche del Carnevale in Sardegna, è Francarosa Contu, responsabile del Settore Musei dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico (Isre) di Nuoro.

di Marzia Piga

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