La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Un pantagruelico digiuno vegano

Giusto un caffè e tre biscotti stamattina, mi sono tenuta leggera per il grande giorno. Oggi incontrerò per la prima volta tutta la famiglia di Michele: padre, madre, fratelli, nonni e zii, e poi i cugini, qualche amico. L’appuntamento è per le 11 in paese e poi tutti insieme verso la campagna del cognato, a una ventina di chilometri da Nuoro. Qui si usa così, il pranzo di Pasqua a casa, mentre per la Pasquetta si va in campagna e, se è bel tempo, si mangia all’ombra degli ulivi. Michele mi ha avvertito: «Sarà un pranzo ricco». Ma non avevo dubbi: questi sardi quando c’è da festeggiare non badano a spese. Si racconta che i matrimoni durano anche tre giorni, sempre a mangiare e bere e ancora mangiare, e i pranzi di Natale e Pasqua, e le cresime e i battesimi e i compleanni non sono da meno.

La mia sola preoccupazione sarà riuscire a trovare qualcosa per me: dopo dieci anni da vegetariana e quattro da vegana non posso mangiare niente che abbia sapore di carne o pesce: mi viene subito la nausea, non ne sopporto neanche l’odore, figuriamoci. «Mica mangiamo solo carne qui in Sardegna – mi ha rassicurato Michele – ci saranno sicuramente verdure, pasta, torte salate. Mia zia poi cucina benissimo, avrà pure fatto il pane carasau stamattina». Mi sono fidata.

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