Fu un evento paragonabile alla fine di un’era glaciale. Enormi aree di territorio, e la quasi totalità delle coste, dopo più di duemila anni tornarono a essere accessibili all’uomo. Il “mutamento climatico”, in un certo senso lo fu, ebbe effetti quasi immediati sulla salute della popolazione, addirittura sulla sua costituzione fisica. Da genitori piccoletti e rachitici cominciarono a fiorire figli alti e sani. Le spiagge “malate” divennero “incontaminate”. I loro nomi uscirono dalla lista delle zone off limits per cominciare e entrare nelle guide turistiche.
Più che una rinascita, per la Sardegna fu una resurrezione. Eppure, benché dalla sconfitta della malaria siano trascorsi appena 67 anni, di quell’evento si è quasi persa la memoria. All’epoca un giornale politicamente insospettabile di piaggeria verso i “continentali”, l’organo del Partito sardo d’Azione, giunse a proporre di dedicare all’evento un “Giorno del ringraziamento”, ma non se ne fece nulla. Certo, la fase politica non era delle più favorevoli per festeggiare un successo propiziato per larga parte dagli americani e da un fondazione il cui solo nome – Rockefeller – richiamava il capitalismo. Erano gli anni della Guerra Fredda. Ma nemmeno dopo la fine dell’Impero sovietico, la memoria di quell’evento è stata mai ripresa. Se non da alcuni tenaci studiosi, in qualche sporadico convegno. Mentre i testimoni diretti invecchiavano senza trasmetterne il ricordo alle nuove generazioni. Un po’ come è successo per la guerra.
Ma, proprio come per la guerra – la cui fine quasi coincise con l’inizio della gigantesca campagna contro l’anopheles – i testimoni diretti esistono ancora. All’epoca erano bambini o adolescenti, oggi hanno superato gli 80 e i 90 anni. Ma hanno una memoria di ferro. Ancora capace di richiamare ricordi di eventi cruciali. E mai raccontati prima. È quanto fa in questo numero uno tra i più autorevoli collaboratori di questa rivista. Come Paolo Fadda ci spiega nello straordinario racconto Uno scoop della memoria che ha deciso di regalarci, a richiamargli quel ricordo è stato un fatto di cronaca che a settembre ha occupato le prima pagine dei giornali: la morte, per malaria, di una bambina. Una tragedia che qualcuno ha utilizzato per alimentare e rinfocolare le paure di questa fase storica confusa, che segna la fine dell’illusione coltivata da tutte le generazioni cresciute nel dopoguerra: che le conquiste del progresso fossero acquisite per sempre, non ci fosse la necessità di coltivarle e difenderle. Paolo Fadda non ci ricorda solo che la volontà, la determinazione e l’organizzazione prunas-contrastatopossono consentire a un popolo stremato di impegnarsi subito in una nuova guerra, contro un nemico minuscolo e feroce, e vincerla in pochi anni. Ci dice anche che gli eventi più straordinari possono essere innescati da una casualità e dalla prontezza di riflessi di un singolo uomo. Un sardo importantissimo e, al pari della malaria, quasi totalmente dimenticato: l’ambasciatore Renato Prunas. Al quale – nel tentativo di rimediare molto parzialmente a tanto ingiusto oblio – abbiamo pensato di dedicare la copertina. Rivisitando, con la matita di Giorgio Carpinteri, la sua foto ufficiale (a lato).
Il racconto di Paolo Fadda è anche uno scoop storico (e uno dei massimi esperti della storia della malaria, Eugenia Tognotti, in un’intervista che potete leggere in questo numero, gliene dà atto). Sapevamo quasi tutto dell’intervento degli americani in Sardegna, del fondamentale ruolo dell’ERLAAS. Ma non sapevamo cosa avesse innescato l’idea di estendere all’Isola il piano di eradicazione della malaria già elaborato dagli americani per Cipro. È quanto Paolo Fadda ci svela. Trasferendoci il racconto che, sedicenne, sentì direttamente dall’ambasciatore Prunas in una casa dell’Alto Adige dove stava trascorrendo un periodo di vacanza per curarsi i postumi della pleurite. Era successo che alcuni mesi prima l’ambasciatore aveva parlato del flagello della malaria a David Rockefeller, nel corso di una cena in una trattoria di Roma organizzata lì per lì. E il magnate, molto colpito da quel racconto, l’aveva a sua volta trasferito alla sua Fondazione. Che aveva assunto le informazioni necessarie e deciso di intervenire anche nell’Isola. Se non ci fosse stato quell’incontro il futuro sarebbe stato diverso? Ci saremmo tenuti la malaria ancora per qualche anno? Molte cose lo fanno pensare. Soprattutto la rapidità con la quale in quegli anni il quadro politico e gli equilibri internazionali mutavano. I treni passavano veloci. E Prunas fece saltare la Sardegna in quello giusto. Che portava dritto, con un viaggio di appena quattro anni, alla fine di un incubo cominciato nientemente che con i cartaginesi.