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Domanda sbagliata, risposta giusta

A stagioni alterne viene posta la domanda: i dipendenti pubblici sono troppi? è una domanda retorica perché matura ciclicamente in aree della politica e dell’opinione pubblica convinte che i dipendenti pubblici siano sempre troppi, ma è anche una domanda fuorviante perché non specifica “troppi per che cosa” e allude solo ad una presunta e generica eccedenza rispetto ad altri paesi; inoltre fa pensare agli impiegati, quelli che vengono definiti con disprezzo “burocrati” e a cui si addebitano sommariamente tutte le inefficienze del sistema pubblico, mentre il pubblico impiego comprende categorie professionali molto diverse, che operano in comparti molto diversi e che erogano servizi cruciali per il benessere collettivo. In definitiva, è una domanda sbagliata, a cui tuttavia si può rispondere nella speranza che non venga più posta in questo modo.

Il “peso” dei dipendenti pubblici si può misurare in vari modi: come quota sugli occupati totali, come percentuale di spesa sul PIL, come rapporto numerico per abitante. I dati OCSE (2014) collocano l’Italia al 17° posto su 32 Paesi per incidenza del settore pubblico sull’occupazione totale, molto al di sotto dei Paesi del Nord Europa che hanno sistemi di welfare ben più ampi e inclusivi, in cui i dipendenti pubblici sono proporzionalmente molto più numerosi; ma distante anche da Irlanda, Regno Unito, Belgio, Canada, Francia, in cui i civil servant (“servitori” pubblici – che bel nome! – cioè gli impiegati statali) pesano più che in Italia sulle forze di lavoro complessive. I dati Eurostat (2015) indicano che in termini di spesa per il settore pubblico in rapporto al PIL, l’Italia si posiziona al 15° posto, seguita solo dai Paesi più poveri come Slovenia, Portogallo, Polonia, Bulgaria.

Anche il rapporto numerico tra dipendenti pubblici e abitanti non vede l’Italia ai vertici della graduatoria, ma allineata alla Germania con 54 dipendenti pubblici ogni 1.000 abitanti, ben distante dalla Svezia in cui il rapporto sale a 135 ogni 1.000 abitanti (2014). Nessuna delle tre misure segnala dunque una ridondanza del pubblico impiego in Italia rispetto agli altri Paesi.

I dipendenti pubblici in Italia sono 3.253.000 (Ragioneria Generale dello Stato, 2014), rappresentano il 14,6 per cento dell’occupazione e per il 55,8 per cento sono donne. In Sardegna i dipendenti pubblici sono 111.791, rappresentano il 20,4 per cento dell’occupazione e per il 50,7 per cento sono uomini: l’incidenza più elevata del settore pubblico si spiega con la dimensione più ridotta del settore privato, mentre il rapporto tra dipendenti pubblici e abitanti (67 ogni 1.000 sardi) è connessa con le dimensioni del territorio e con la dispersione della popolazione.

Quasi un terzo dei dipendenti pubblici italiani lavora nel comparto “scuola”, che occupa 1.038.606 persone, per quasi l’80 per cento donne. Sono troppe? In realtà ne servirebbero di più per avere scuole a tempo pieno e affrontare l’elevato tasso di abbandono scolastico che pone l’Italia – questo sì – ai vertici delle classifiche europee (e la Sardegna in testa alle regioni italiane).

Il secondo comparto del settore pubblico per numero di dipendenti è il Servizio Sanitario Nazionale, che occupa 663.705 lavoratori e lavoratrici (queste sono il 65,5 per cento), e costituisce a sua volta il 20 per cento del pubblico impiego. Sono medici, infermieri, tecnici, impiegati: sono troppi? Le lunghe liste d’attesa per visite specialistiche e interventi ospedalieri dicono il contrario. Ci sono poi 313.987 dipendenti dei corpi di polizia (il 92 per cento uomini): sono troppi malgrado si invochi maggiore sicurezza? I ministeri occupano 157.808 persone e il più grande è il Ministero della Giustizia, con 43.561 dipendenti: sono troppi? I deficit di organico dei tribunali a cui lo Stato fa fronte da anni con migliaia di tirocinanti pagati 400 euro al mese per 40 ore di lavoro settimanali indicano anche in questo caso il contrario. Si potrebbe continuare l’analisi, ma è sufficiente capire che le domande da porsi sono altre e più complesse.

Lilli Pruna

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