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Lavoro sommerso, un’industria nascosta

Uno dei paradossi più sorprendenti del mercato del lavoro, reso brutalmente flessibile dalle riforme degli ultimi trent’anni, è che il lavoro sommerso non è affatto scomparso, non è stato assorbito né dalle nuove forme contrattuali flessibili e a basso costo, e nemmeno dai voucher e dai tirocini usati al posto di veri contratti di lavoro. Al contrario è aumentato, infiltrandosi tra le maglie di una regolazione sempre più eludibile e aprendosi nuovi spazi nell’economia indebolita dalla crisi. La ripresa del lavoro sommerso ha permesso “a numerosi soggetti produttivi di riprendere fiato e sopravvivere” (Eurispes, maggio 2018), attraverso un taglio netto dei costi del lavoro (niente tasse e contributi previdenziali e retribuzioni ridotte all’osso), che ha consentito di abbattere i costi di molti servizi, rendendoli accessibili a fasce impoverite della popolazione disposte a spendere poco.

 

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