Ventinove milioni di volte oltre il limite di legge: è il massimo valore raggiunto dal pericoloso dicloretano nelle acque di falda dell’ex petrolchimico di Porto Torres. Un vero e proprio record nazionale quello rilevato da Syndial (controllata Eni) nell’agosto del 2010, che potrebbe avere pochi eguali al mondo. E che riconfigura il concetto stesso di limite in fatto di inquinamento ambientale: da soglia non superabile a mero termine di raffronto per superamenti stratosferici.
Come quelli fatti registrare, sempre nelle acque sotterranee del Sin (Sito di interesse nazionale) di Porto Torres, dai cancerogeni benzene e cloruro di vinile, presenti in quantità 139mila volte superiori al limite il primo e 542mila il secondo. A tanto ammonta l’eredità della filiera del fenolo e del pvc nel nord ovest dell’Isola.
Non va meglio nell’altro Sin sardo, quello del Sulcis-Iglesiente-Guspinese. Anche qui abbondano i cosiddetti hot spot, termine con cui gli addetti ai lavori indicano le aree in cui i contaminanti eccedono di almeno 10 volte le soglie consentite. È il caso della falda che corre sotto il polo metallurgico di Portovesme, nel Sulcis: qui il mercurio ha superato di 1050 volte i limiti consentiti.
Foto Francesco Nonnoi