Avrebbe tanti altri modi il ventunenne Enrico Berlinguer, in quel novembre 1943, per schierarsi nella lotta antifascista. È un Berlinguer, appartiene a una famiglia che a Sassari conta più di qualcosa, non solo per le più o meno lontane origini nobiliari. Basti dire che suo nonno, un repubblicano, ha avuto anche a che fare con Garibaldi. E che Mario, suo padre, nel 1924, quando lui aveva tre anni, è stato deputato dell’Unione amendoliana ed è ancora il leader del Partito d’Azione. Ma Enrico sceglie un’altra strada, più consona a quello spirito ribelle che sembra essere il tratto caratterizzante del suo primo agire politico: sceglie di farsi, di essere, comunista. Una roba, nella Sassari di quei tempi, da scaricatori di carbone.
E in effetti è proprio uno scaricatore di carbone, Cicito Mura, ad accompagnare i suoi primi passi all’interno del Pci. Passi sicuri e semplici: conducono ovunque ci siano delle proteste, delle manifestazioni, delle lotte popolari. Se a scendere in piazza sono le donne delle Conce, un quartiere dove si annida la miseria più nera, il Partito comunista, cioè a dire Cicito Mura, deve essere tra le donne delle Conce. E deve esserci anche il giovane Enrico Berlinguer, lo studente di legge che si è fatto comunista.
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