C’è chi le ricorda come svalvolate surfiste delle correnti marine nel film d’animazione Alla ricerca di Nemo, altri le collegano a un popolare cartone animato in cui quattro tartarughe, Leonardo, Michelangelo, Donatello e Raffaello, sfiorate da una sostanza radioattiva, diventano quasi umane e travestite da ninja difendono la terra. Una trovata fantasiosa, certamente, che mai come oggi è vicina alla realtà. Le tartarughe marine Caretta caretta, da qualche anno sono diventate sentinelle dell’inquinamento e paladine della natura. Con quello che raccontano, dicono all’uomo ciò che non deve continuare a fare se non vuole danneggiare ulteriormente l’ecosistema.
Sardinia Post Magazine ha deciso di intervistarle. O meglio, di parlare col gruppo di ricercatori che ha raccolto le testimonianze di centinaia di loro, analizzando ciò che mangiano (e spesso le avvelena). Uno strano e inquietante menù dove tra le pietanze c’è anche la plastica. Una presenza così costante e diffusa che i risultati ottenuti sull’analisi delle plastiche ingerite dalle Caretta caretta sono diventati parametro europeo di analisi dell’inquinamento marino in progetti come Indicit che ha l’obiettivo di mettere a punto una metodologia per rendere operativo l’indicatore sulla qualità dei rifiuti del mare ingeriti degli animali che lo popolano.
Il luogo di questa intervista è un laboratorio nell’area marina protetta nella penisola del Sinis, non troppo distante dal golfo di Oristano, dove lavorano gli esperti del Cres (Centro di recupero del Sinis), nato dalla collaborazione tra Cnr e Area marina protetta. Qua le tartarughe vengono non solo analizzate, ma anche curate. Già, perché le prime vittime dell’azione scellerata dell’uomo sono proprio loro.
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