A trentasei anni dalla scomparsa si cercano ancora i resti del civilista cagliaritano al cui nome è legato uno dei più celebri casi di malagiustizia. Conversazione con Ottavio Olita
Un fantasma compare e riappare ciclicamente a Cagliari e dintorni. È il fantasma dell’avvocato Gianfranco Manuella, sparito nel nulla il 22 aprile del 1981, quando aveva 39 anni, una moglie, due figli e un’esistenza che, a quanti lo conoscevano, appariva serena e ordinaria. Quella mattina uscì di casa e nessuno lo vide più. I luoghi e le occasioni, delle apparizioni, in questi quasi quarant’anni, sono stati i più diversi. Ma più spesso il fantasma di Manuella è stato notato nei corridoi del palazzo di giustizia di Cagliari, il luogo dove quello che, con tutta probabilità, era stato un “banale” omicidio, forse un omicidio d’impeto avvenuto lo stesso giorno della scomparsa, divenne l’occasione per sperimentare una modalità inquisitoria che faceva dei pentiti i veri titolari delle inchieste giudiziarie e che portò alla costruzione di uno spaventoso castello accusatorio nella cui torre restarono reclusi per anni Aldo Marongiu, all’epoca uno dei più celebri e stimati penalisti sardi, e tre suoi colleghi, poi tutti assolti con formula piena. Non a caso, infatti, il fantasma riapparve quando, nell’agosto del 1998, il più famoso degli officianti del rito cagliaritano, il giudice Luigi Lombardini, si tolse la vita.
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