La Sardegna di oggi per la Memoria di domani

Cagliari. 7 giugno. 27 gradi. Il sole risplende fra i palazzi del capoluogo sardo. L’appuntamento con Nesrin, un’amica inglese, è alle 9.30 al Poetto. È la sua prima volta in Sardegna. È arrivata da qualche giorno, ancora fatica a capire e farsi capire. Sono le 9.15, inizio a prendere posto in uno dei tanti stabilimenti presenti sul lungomare. Controllo distrattamente il telefono senza badare a ciò che mi circonda. Improvvisamente sento alle mie spalle un incerto ‘ciao’. È arrivata, finalmente. Non vedevo l’ora di vederla. Appena mi giro per salutarla, rimango sorpresa. Il suo sguardo brilla entusiasta. Qualcosa mi suggerisce di non fermarmi a pensare che sia merito del sole che colpisce i suoi occhioni azzurri, così le chiedo il motivo di quest’improvvisa trepidazione. ‘Sea!! Beach!!’ esclama, puntando il dito verso il mare. Non ci avevo pensato: è la prima volta che lo vede. Ora fermarla è impossibile. Con il suo italiano accennato mi dice ‘Otto chilometri! Otto chilometri di spiaggia! It’s amazing!’. Poggio il telefono sul tavolo e inizio a guardare davvero ciò che c’è davanti a me: l’acqua cristallina che si mescola all’azzurro del cielo, il contrasto verde della Sella del Diavolo, la natura. I rumori diventano sempre più definiti, così come gli odori. Le risate dei bambini, la risacca nel bagnasciuga, l’umidità piacevole della brezza marina. “Ciao ragazze, cosa desiderate?”’. È la cameriera dello stabilimento. Nesrin mi guarda stupefatta ‘’Breakfast?! Colazione? Qui?!’’. Con la cameriera ci guardiamo perplesse, non capiamo cosa ci sia di tanto straordinario in una colazione davanti al mare, per noi è normalità. La nostra colazione arriva poco dopo. L’aroma dolce amaro del cornetto al cioccolato e del caffè si mescola perfettamente al profumo salato dell’aria. “Ti piace?”, le chiedo. Sorride. Subito mi risponde: ‘’Non mi piace. Lo amo!!’’. Ci voltiamo a guardare il mare. Sì, è amore.

Maria Vittoria Ortu