Chi, come me, non è sardo, credo resti colpito dal modo in cui i sardi son sardi anche fuori dalla Sardegna, dove in ogni città c’è un circolo di sardi dove si coltiva la sardità, se si dice così (e ho controllato sul dizionario, si dice così, ma esiste anche “Sarditudine”, sul modello di “Negritudine”, dice il dizionario).
Questa cosa, però, mi son detto, forse riesco a capirla anch’io che sono di Parma e che, quando ero piccolo, ero abituato a considerare vere solo le cose che succedevano a Parma e ero accerchiato, senza accorgermene, da una parmigianità (o sul modello di negritudine, parmigianitudine) che poi, quando 17 anni fa mi son trasferito a Bologna, ho scoperto che non era, come credevo, un attributo dell’umanità intera (o, sul modello di negritudine, dell’intera umanitudine). Che io, mi rendo conto che era una cosa che può sembrare ridicola, ma io, a Bologna, a novanta chilometri da Parma, sono quindici anni che mi sento in esilio, che è un esilio, come tutti gli esili, probabilmente, prevalentemente linguistico, cioè ci sono delle parole, delle espressioni, non so, salviettone, che vuol dire salvietta grande, asciugamano grande, telo mare, ecco io finché ho abitato a Parma ero convinto che salviettone fosse una parola che in Italia la capivan dovunque, quando mi son trasferito a Bologna che ho capito che a Bologna salviettone era una parola che non la capiva nessuno, ci son rimasto malissimo, e qualche mese fa, quando in un liceo bolognese mi han presentato come uno scrittore bolognese e ho ringraziato ma io, mi dispiaceva, ero di Parma, e essere uno di Parma a Bologna, per me, avevo detto, era come essere il protagonista di quella canzone di Sting, An englishman in New York, mi era scappato di dire.
E l’esilio linguistico vale anche al contrario: quando uno va dal bottegaio, a Bologna, e gli chiede, per dire, due etti di prosciutto di Parma, il bottegaio, dopo che ti ha tagliato i due etti di prosciutto di Parma, ti chiede «Altro?», e tu, se non vuoi altro, devi rispondergli «Altro», e se invece gli rispondi «Nient’altro», il bottegaio capisce che non sei di Bologna, sei di Parma ma non solo di Parma, c’era un ragazzo toscano, che mi ha raccontato che per Natale doveva tornare in Toscana e era andato a comprare una punta di parmigiano e il formaggiaio gliel’aveva data e poi gli aveva chiesto «Altro?», e gliel’aveva chiesto con un tono così categorico, come se non dubitasse che quel ragazzo toscano avrebbe voluto qualcos’altro, e quel ragazzo di Livorno, che non voleva nient’altro, aveva detto «Sì, me ne dia un’altra», e aveva preso un’altra punta di parmigiano della quale non aveva nessun bisogno.
Ecco io, dopo, poco tempo fa, tipo quattro mesi fa, mi è successo che sono andato dal bottegaio, ho preso due etti di prosciutto di Parma e il bottegaio mi ha chiesto «Altro?», e io gli ho risposo «Altro», e dentro di me, stupefatto, mi sono detto «Ecco, dopo diciassette anni ti sei ambientato», ma questo mio avvicinamento alla cultura americana, se così si può dire, non è una naturalizzazione, io il salviettone continuerò a chiamarlo per sempre salviettone e io, che in politica credo di essere libertario e contro i confini, nella vita quotidiana continuo a perpetrare la condizione dei primi dell’ottocento quando Parma era la capitale di uno stato indipendente che con lo stato Pontificio, dove si trovava Bologna, non ci confinava neanche, e credo che mi ricorderò sempre una cosa che ha detto il direttore di questo giornale la prima volta che l’ho sentito parlare, lui che, sardo, viveva a Roma ma se doveva andare, aveva detto, non so, da Roma a Civitavecchia, lui nella sua testa si diceva che era come andare da Cagliari a Oristano e che lui, nella sua vita, tutti i chilometri che aveva fatto erano chilometri sardi che a me era sembrata una cosa che, nonostante l’estraneità data dalla mia parmigianità (o parmigianitudine) mi era sembrata di capirla così bene.
Paolo Nori