La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Sapore di sale

Scrivi questa cosa: il nostro sale è più buono degli altri grazie al sole e al vento di Maestrale». Mi saluta così Antonello Collu, la prima volta che lo incontro. Ora è in pensione ma ha lavorato per trent’anni alle saline di Macchiareddu, a sud ovest di Cagliari. È di Uta, come me, e mi racconta, nel salotto di casa, il complesso sistema che permette la produzione e poi la raccolta del sale, fatto di bacini comunicanti in cui l’acqua viene spostata per far sì che cambi di densità. Mi spiega che la densità è proprio la causa delle diverse colorazioni dell’acqua, mi spiega dunque una delle cose per me da sempre misteriose di quegli enormi specchi d’acqua tra il mare e la zona industriale di Assemini, Uta e Capoterra, che vedo da una vita dalla strada e che da una vita mi innamorano. Molte tonalità di blu si mescolano al rosa, al bianco, in un terreno piatto e squadrato, attraversato da strade e canali, in lontananza le montagne bianche di sale. Sull’acqua camminano lenti i fenicotteri rosa, con il becco all’ingiù, i cormorani e gli aironi, le gabbianelle e i cavalieri d’Italia. Intorno le industrie chimiche e petrolchimiche, le pale eoliche, il porto canale.
Ci si passa accanto, da Uta, per andare al mare o a Capoterra e quando ero piccola spesso passavamo anche dall’altro lato per andare a Cagliari. Le ho sempre trovate bellissime. Nella strada per Cagliari poi, una strada stretta e malmessa, accanto all’ingresso delle saline un’altra cosa ha sempre colpito la mia immaginazione: un gruppo di case abbandonate, una piazza deserta, in mezzo agli eucalipti.

Reportage di Paola Soriga, foto di Enrico Spanu

 

L’articolo completo sul numero in edicola.

Scritto da